Gli albi illustrati come strumenti didattici: "Emilia Levi, fiore di speranza" di Marzia Lodi

A cura di Federica Ceriani, Roberta Mori e Victoria Mušiolek

 L’albo illustrato Emilia Levi, fiore di speranza scritto da Marzia Lodi e illustrato da Giorgio Carrubba, è rivolto in particolare ai bambini di Scuola primaria e ai ragazzi di scuola Secondaria di primo grado e racconta la storia di Emilia Levi, una bambina nata a Milano nel 1938 ed assassinata al suo arrivo ad Auschwitz nel febbraio del 1944.

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Se Primo Levi non avesse incontrato Emilia e i suoi nel campo di raccolta di Fossoli – dove sia lui che la famiglia di Emilia erano stati portati dopo essere stati arrestati – e non avesse viaggiato con loro fino ad Auschwitz, la memoria di Emilia oggi sopravviverebbe soltanto nel cuore delle pochissime persone che l’hanno conosciuta e che sono ancora in vita, ma noi non sapremmo della sua esistenza. Levi invece all’inizio di Se questo è un uomo ci ha lasciato un indimenticabile ritratto di Emilia. Dopo un viaggio terrificante, svoltosi in condizioni igieniche, materiali e psicologiche disastrose, i deportati sono fatti scendere dal treno e qui subito riuniti in due gruppi: il gruppo di chi è in grado di lavorare e l’altro gruppo – composto prevalentemente da anziani, donne e bambini – di persone considerate inabili al lavoro e che verrà mandato in gas. Emilia è fra questi:

Così morì Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica di mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell’ingegner Aldo Levi di Milano, che era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte.

Scomparvero così, in un istante, a tradimento, le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli. Quasi nessuno ebbe modo di salutarli. Li vedemmo un po’ di tempo come una massa oscura all’altra estremità della banchina, poi non vedemmo più nulla.

Primo Levi, Se questo è un uomo, in Opere complete a cura di Marco Belpoliti, Einaudi, Torino 2016, vol. I, p. 147

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Emilia Levi, dalla letteratura alla storia

Il lavoro dell’autrice della graphic novel è iniziato proprio dai quattro aggettivi usati da Levi: «curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente». Levi tratta la bambina come un’adulta, in un tentativo di “micro-ritratto morale” che mira a conferirle dignità (e questa modalità “non bamboleggiante” di trattare i bambini si ritrova anche nella rappresentazione del piccolo Hurbinek della Tregua). La ricorda mentre riceve dai genitori un atto amorevole, un bagnetto, che stride dolorosamente con il destino di morte che l’attende. La morte di Emilia ci è narrata ancor prima dell’ingresso in Lager, sulla soglia. La sua figura, risolta in poche righe, è così memorabile per due diverse ragioni. Da un lato Levi sceglie proprio la bambina Emilia come simbolo (“campione” esemplare, in termini più scientifici) della categoria di deportati cui appartiene: quanti non entrarono neanche in Lager. Dall’altro Emilia – con le sue qualità che brillano un’ultima volta sull’orlo dell’abisso – diventa l’emblema dell’infanzia ad Auschwitz, un’infanzia a cui era stato negato il diritto all’esistenza. Levi ha definito lo sterminio dei bambini l’abominio più grande, «la macchia più nera sulla Germania di Hitler»; e l’immagine di Emilia arriva all’interno di un capitolo in cui i picchi di intensità emotiva sono legati a elementi che riguardano l’infanzia. Un altro esempio, dallo stesso capitolo, quando Levi racconta la notte della vigilia della partenza dal campo di Fossoli:

Le madri vegliarono a preparare con dolce cura il cibo per il viaggio, e lavarono i bambini, e fecero i bagagli, e all’alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare; e non dimenticarono le fasce, e i giocattoli, e i cuscini, e le cento piccole cose che esse ben sanno, e di cui i bambini hanno in ogni caso bisogno. Non fareste anche voi altrettanto? Se dovessero uccidervi domani col vostro bambino, voi non gli dareste oggi da mangiare?

P. Levi, Se questo è un uomo cit., p. 143

Ma spostiamoci dalla letteratura alla Storia. Emilia Levi era la figlia minore dell’ingegner Aldo Levi e di sua moglie Elena Viterbo. Risiedevano a Milano. Aldo Levi, che si era guadagnato la croce al merito sui campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale, era stato discriminato nel 1939 per meriti militari. Durante l’occupazione tedesca, nel mezzo della persecuzione delle vite, tentò di fuggire in Svizzera; respinto, fu arrestato a Como (04/12/1943); deportato con il convoglio n. 8 da Fossoli (22/02/1944) ad Auschwitz, dove arrivò con la famiglia il 26/02/1944. Aldo passò la selezione, ma morì ad Auschwitz il 28/02/1945. Anche la moglie Elena e il figlio Italo non fecero ritorno. Levi ci dice in un suo scritto che molto probabilmente Aldo ad Auschwitz aveva fatto parte di un comitato segreto di difesa e Resistenza. Sono passati 81 anni dalla morte di Emilia; di lei rimane una preziosa testimonianza in un articolo di Gisella Vita-Finzi uscito nel 1989 nel Bollettino della Comunità Ebraica di Milano. Gisella Vita-Finzi aveva conosciuto Emilia da bambina perché la sua famiglia e la famiglia Levi erano legate da un solido vincolo di amicizia. Ecco come la ricorda:

Era molto bella e straordinariamente precoce e intelligente. Si imponeva subito all’attenzione, sapeva quello che voleva e come ottenerlo […]. La vedo, piccola, ma indipendente, seduta sul gradino del macellaio Mario, nel cui negozio non aveva voluto entrare, che con un pezzo di matita e una cartolina che fungeva da specchio, giocava a mettersi il rossetto.

Gisella- Vita Finzi, I Levi: una famiglia amica scomparsa nel nulla

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Anche nel caso di Emilia Primo Levi, con pochissime pennellate, è riuscito a cogliere l’essenza umana della bambina, come era solito fare perché era un uomo pieno di attenzione per il prossimo e di acume, e perché era un grande scrittore. È su questa essenza – il nucleo vivo, pulsante, della rappresentazione – che si innesta, come sempre, il salto a un livello di complessità superiore: attraverso il racconto la vicenda della singola persona non perde la sua specificità ma si amplifica, si carica di uno straordinario valore conoscitivo, si riempie di significati universali. La testimonianza di Levi è compenetrata di letteratura: il nudo referto non basta per raccontare la complessità del Lager e degli uomini. Ma senza la radice storica e referenziale della rappresentazione non si dà trasfigurazione universale, questa è la costante imprescindibile della sua testimonianza. La bambina di cui leggiamo è Emilia Levi di Milano, figlia di Aldo e di Elena, ma condivide qualcosa con la Cecilia di Manzoni, perché come lei ci spinge a formulare interrogativi radicali: perché il male contro i più deboli? Qual è il significato di alcuni percorsi terreni stroncati senza una ragione prima che iniziassero a sbocciare?

Torniamo alla graphic novel. Levi salva un nome, salva una storia – per quanto breve, come breve è stata la vita di Emilia. Marzia Lodi si muove lungo la prospettiva tracciata da Primo Levi, condividendo le sue stesse intenzioni, ma instaurando un dialogo insieme umano, poetico e letterario con la bambina Emilia, ricostruendo con la fantasia le sue giornate e le sue impressioni. Il suo lavoro è imparentato in qualche modo con tutto un filone di contributi che stanno uscendo in questi ultimi anni e che sono incentrati sull’approfondimento – a più livelli – di personaggi “storici” presenti nell’opera di Primo Levi. È uscito due anni fa, per esempio, il libro di Carlo Greppi dedicato a Lorenzo Perone, il muratore piemontese che ad Auschwitz aiutò Levi. Nel caso di Emilia era molto difficile perché le fonti storiche e le testimonianze sono quasi inesistenti. Il primo merito dell’autrice consiste nell’essere entrata in contatto con la figura della bambina su un piano molto profondo, che definirei senza remore artistico, in quanto l’arte riesce a parlare del dolore e della gioia, della vita e della morte e arriva a percuotere il centro dell’umano che è in noi; il secondo consiste anche nell’aver scelto come interlocutori privilegiati i bambini, che sono in contatto molto più di noi con la sfera del sogno, dell’immaginazione e dei sentimenti.

Marzia Lodi vive e lavora a Novi di Modena. Fotografa e scrittrice, dal 2004 ad oggi ha curato diversi volumi fotografici mirati alla valorizzazione del lavoro e della cultura del territorio in cui vive. Emilia Levi, fiore di speranza, con disegni dell’illustratore Giorgio Carrubba, è stato pubblicato nel 2022 (Libreria Ticinum Editore). Ha realizzato, con testi a cura di Catia Allegretti, Case di Pietra custodi di memorie, un viaggio memoriale tra immagini e racconti del’900 rurale sul territorio dell’Unione delle Terre d’Argine (Libreria Ticinum Editore, 2024).

Tre domande all’autrice

D: Come è nata l’idea di fare un albo illustrato su Emilia Levi?

R: È nata dal libro di Primo Levi, la parte storica dal CDEC e poi dall’articolo di Gisella Vita-Finzi I Levi: una famiglia amica scomparsa nel nulla che, come dei semi, hanno germogliato per comporre un quadro ben definito e completo. Anche il fatto che la mia casa fosse situata a soli 10 km di distanza dall’ex campo di Fossoli ha avuto un impatto su di me. Proprio a Fossoli è legato un episodio della mia storia famigliare: nel 1944 mio nonno si recò in bici nei pressi del campo, allora ancora in funzione. Molti anni dopo mi avrebbe raccontato di quella visita. Da ragazza lessi Tu passerai per il cammino di Vincenzo Pappalettera, un libro che mi ha colpito molto. Inoltre, ho frequentato una scuola intitolata a Anne Frank, un’altra bambina la cui breve vita è stata travolta dalla guerra. Tutti questi elementi hanno contribuito a rendere fertile il terreno su cui quei semi hanno attecchito.

D: Perché hai scelto proprio il genere dell’albo illustrato per raccontare la storia di Emilia?

R: Le parole di Levi fanno rivivere in un certo senso Emilia, la sua immagine mi si è presentata nitida la prima volta che ho letto il testo, quasi da poterla toccare. Per me è stato importante ricostruire questa immagine attraverso il disegno. In più la conoscenza dei luoghi in cui è passata Emilia, “la scena” del racconto, ha completato il quadro da cui sono partita che mi ha permesso di immedesimarmi con la bambina e di trasmettere i contenuti della sua storia ad altri bambini, i quali hanno il diritto di contribuire alla diffusione della memoria. I disegni permettono di ridare la tridimensionalità alla figura di Emilia, rendendo il racconto concreto e tangibile.

D: Come abbiamo visto, gli albi usano due linguaggi, la scrittura e l’immagine.

R: Sì, è vero. In realtà ci sono due autori, l’illustratore e lo scrittore. Devo dire che subito con Giorgio Carrubba, il disegnatore, ci siamo sentiti in sintonia su come narrare la vita di Emilia. Ne abbiamo discusso molto. La cosa più pregnante per noi e, in un certo senso, il punto di partenza è stato immaginare Emilia in assenza delle sue fotografie. Lo schizzo presente in copertina è la prima immagine che è stata disegnata. Sentivamo l’urgenza di fare memoria. La copertina è utile per stimolare la curiosità dei ragazzi, introdurre il tema dell’albo. Le immagini fanno riflettere i ragazzi e li aiutano a porsi delle domande.

La memoria sia di Emilia che di Hurbinek si è salvata nelle parole di Primo Levi. Io ho avuto la fortuna d’incontrare Paola Vita Finzi, forse l’ultima persona ancora in vita che ha conosciuto Emilia. Grazie al valore dell’amicizia che attraversa i decenni, dietro richiesta della famiglia Vita Finzi, è stato possibile posare quattro pietre d’inciampo – una per Emilia, una per suo fratello Italo, una per la madre Elena e una per il padre Aldo –davanti all’ultima residenza della bambina e dei suoi genitori.

Foto

 

Le potenzialità didattiche degli albi illustrati

Già nel 2005, attraverso l’introduzione al testo Quando si inizia? edito dal Museo Diffuso della Resistenza di Torino, Alberto Cavaglion si interrogava su quando fosse lecito da parte di un adulto portare all’attenzione dei bambini quel tema incandescente e devastante che è stato la Shoah. Un interrogativo che ancora oggi scuote le coscienze di molti insegnanti, combattuti tra la consapevolezza che è fondamentale conservare e tramandare la memoria della Shoah e l’umana pietas che vorrebbe evitare di portare i bambini a fissare lo sguardo nell’orrore dei campi di sterminio.

Gli albi illustrati e le graphic novel - se scritti bene - possono essere uno strumento didattico potentissimo per affrontare nelle classi temi etici, culturali e sociali complessi e spinosi. Emilia Levi fiore di speranza, è scritto bene: sia l’autrice, sia l’illustratore hanno mostrato una grande sensibilità nella costruzione della narrazione che si ferma davanti al cancello di Auschwitz, per poi immergere i lettori in un delicato intreccio di parole e colori che danno voce alla speranza di una memoria capace di sopravvivere al passato, per contrastare, ancora oggi, il male profondo dell’indifferenza.

 Un possibile approccio didattico, che vede negli albi illustrati un elemento cardine, è quello che si riallaccia alla story-based methodology, che propone tre fasi di lavoro: prima/durante/dopo la lettura.

Prima della lettura - Nel caso della graphic novel qui presentata, la copertina permette di fare numerose riflessioni partendo dall’immagine quasi trasparente di quella bambina, sola, che sembra guardare al passato. È fondamentale, prima ancora di leggere un racconto far nascere nei bambini delle domande che iniziano a intessere i legami tra i loro pensieri, le loro esperienze e il racconto narrato, che si presenta attraverso un titolo ed un’immagine … tutto da scoprire.

Durante la lettura - In seguito si legge il racconto, mostrando le immagini… Si legge tutto d’un fiato, senza interruzioni, senza commenti, senza domande, per permettere ai bambini di gustare la lettura e comprendere la storia. Solo in seguito si ritorna all’inizio e si fa una seconda lettura, riflettendo pagina dopo pagina sul testo e sulle immagini. Attraverso questa modalità i bambini non solo apprenderanno la vicenda di Emilia, ma cercheranno di entrare in contatto con le modalità attraverso cui questa vicenda è stata narrata, rielaborandola, facendola propria.

Dopo la lettura - Infine, perché l’apprendimento sia significativo e la vicenda di Emilia possa diventare un tassello nella costruzione della coscienza civica dei bambini, è necessario che il racconto esca dalle pagine del libro per diventare altro. Così come le parole di Primo Levi hanno ispirato Marzia Lodi e l’hanno portata a cercare un modo per “raccontare” di Emilia, così la graphic novel possa essere lo spunto di nuove narrazioni, prodotte dai bambini stessi. Numerosi esempi di questa trasformazione si possono ritrovare nelle produzioni artistiche fatte dalle classi che hanno partecipato al progetto didattico© LE MILLE EMILIA.

Crediti foto: Marzia Lodi.

Il progetto didattico © LE MILLE EMILIA

Il progetto didattico © LE MILLE EMILIA, promosso dall’autrice Marzia Lodi, risponde all’esigenza di fare Memoria ai giovani, parlando loro della storia, della guerra, della perdita dei diritti, della persecuzione, della Shoah, senza che l’orrore prevalga sulla comprensione. Illustra inoltre come nasce e si realizza il libro Emilia Levi, fiore di speranza.

La proposta si rivolge alle classi quarte e quinte della scuola primaria e alle classi prime della scuola secondaria di secondo grado, con un intervento di presentazione e lettura del libro a cura di Marzia Lodi di circa due ore, preceduto da un incontro di preparazione tra l’autrice e i docenti. Durante la presentazione, oltre alla lettura in classe, vengono approfonditi anche altri temi: come è nata l’idea del libro, come si è sviluppata, quali sono state le linee guida per la scelta delle parole, delle immagini e dei colori, con un linguaggio ed esempi comprensibili agli studenti.

Paola Vita Finzi, forse l’ultima persona ancora in vita ad aver conosciuto Emilia,  ha messo a disposizione un video in cui ricorda la bambina, sua antica compagna di giochi.

Per ulteriori informazioni, adesioni al progetto e prenotazioni contattare:

Federica Ceriani, Istituto piemontese per la Storia della Resistenza e della società contemporanea Giorgio Agosti: federica.ceriani@istoreto.it

Marzia Lodi: info@marzialodistudio.it


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