Conversazioni con Primo Levi

Alcune delle più interessanti domande/risposte formulate a/da Primo Levi in oltre venticinque anni di interviste e conversazioni, interrogabili per argomento e con tutti i riferimenti per approfondire

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Rivedendo la Sua vita, quale mestiere le sembra più congeniale, il chimico o lo scrittore?

Sono due mestieri difficili. Nell’industria, il rendimento di un individuo può variare in più o in meno di un 20 per cento. Nello scrivere, ci sono giorni in cui si sta seduti per ore davanti a un foglio bianco senza combinare nulla. Altri giorni, magari in auto in mezzo al traffico, vengono idee bellissime: il rendimento è assolutamente imprevedibile. [...]

da Chimico 

Enrico Boeri
p. 380

[...] Che valore ha, per Lei, un premio?

[...] Per me un premio è un riconoscimento da parte del pubblico. Io tengo molto al pubblico, non appartengo a quella categoria di scrittori – pregevolissima – che scrivono per sé. Io scrivo per chi mi legge e quindi un premio mi porta davanti a un pubblico vasto. Questo mi fa piacere, anche perché mi permette un contatto, magari indiretto, con i miei lettori. È gradevole quando mi scrivono i miei lettori, e mi scrivono in molti.

da «Non sono uno scrittore che scrive per sé, ma per chi mi legge»

Marina Mentasti
p. 456

[...] il Suo essere chimico quanto ha influito [nella Sua produzione letteraria]?

Sì, il mio essere chimico ha influito in modi sottili; in due modi direi. In primo luogo mi ha fornito una notevole quantità di materia prima, cioè di episodi e fatti da raccontare, che ho riportato nel Sistema periodico e, in parte, nella Chiave a stella. In secondo luogo credo che abbia influito sullo stile, sul modo di scrivere, perché io ho fatto il chimico per quasi trenta anni e mi sono abituato ad una scrittura quale si usa nelle fabbriche, cioè ad una scrittura estremamente chiara e concisa; buona parte l’ho travasata nel mio scrivere, nel mio mestiere numero due, cioè nel mestiere di scrittore. 

da Essere ebrei senza religione 

Raffaella Manzini e Brunetto Salvarani
p. 621

Si è mai posto la domanda di come sarebbe stata la Sua vita senza Auschwitz?

E sì, certo! Non solo me la sono posta, ma me la pongono tutti! Io non so rispondere. Scusi, se io dicessi a Lei, «Se Lei non fosse nata in America, che cosa avrebbe fatto?» Lei non potrebbe rispondere. [...] Non lo so, ma posso fare qualche supposizione. Probabilmente non avrei scritto. O avrei scritto chissà cosa. Facevo il chimico, e con molta convinzione. Infatti, ho fatto il chimico per tutta la vita. […] Probabilmente non avrei scritto o avrei scritto delle cose completamente diverse, forse qualche trattato di chimica. Certamente possedevo la capacità di scrivere; questo non posso negarlo. Non sono nato da nulla. Avevo fatto degli studi classici abbastanza seri e lo strumento della scrittura lo possedevo. Ma non avrei avuto, come dire, la materia prima per diventare scrittore.

da Un'intervista con Primo Levi

Risa Sodi
p. 708

[Già nel Lager pensava che, se fosse sopravvissuto, avrebbe scritto di quell’esperienza?]

[...] Sì, avevo una vaga idea di sopravvivere per scrivere, questo sì, mi ricordo di averlo detto a qualcuno. Addirittura, quando ero in laboratorio e avevo una matita e un quaderno ho scritto qualche pagina, che poi ho perso: l’ho scritta così, per l’urgenza di scrivere, sapendo benissimo che poi l’avrei persa. Ma era molto importante per me, allora, la possibilità di diventare un testimone: lo sentivo già allora, non solo io, ma un po’ tutti; con tutti quelli con cui si parlava si diceva: «È importante sopravvivere per poterlo raccontare perché il mondo sappia queste cose». [...]

da Dal fascismo ad Auschwitz c'è una linea diretta

Marco Pennacini
p. 986