Conversations with Primo Levi
Some of the most interesting questions asked of Primo Levi and by him as well as his answers in over twenty five years of interviews and conversations.
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Rivedendo la Sua vita, quale mestiere le sembra più congeniale, il chimico o lo scrittore?
Sono due mestieri difficili. Nell’industria, il rendimento di un individuo può variare in più o in meno di un 20 per cento. Nello scrivere, ci sono giorni in cui si sta seduti per ore davanti a un foglio bianco senza combinare nulla. Altri giorni, magari in auto in mezzo al traffico, vengono idee bellissime: il rendimento è assolutamente imprevedibile. [...]
da Chimico
[...] Che valore ha, per Lei, un premio?
[...] Per me un premio è un riconoscimento da parte del pubblico. Io tengo molto al pubblico, non appartengo a quella categoria di scrittori – pregevolissima – che scrivono per sé. Io scrivo per chi mi legge e quindi un premio mi porta davanti a un pubblico vasto. Questo mi fa piacere, anche perché mi permette un contatto, magari indiretto, con i miei lettori. È gradevole quando mi scrivono i miei lettori, e mi scrivono in molti.
da «Non sono uno scrittore che scrive per sé, ma per chi mi legge»
[...] il Suo essere chimico quanto ha influito [nella Sua produzione letteraria]?
Sì, il mio essere chimico ha influito in modi sottili; in due modi direi. In primo luogo mi ha fornito una notevole quantità di materia prima, cioè di episodi e fatti da raccontare, che ho riportato nel Sistema periodico e, in parte, nella Chiave a stella. In secondo luogo credo che abbia influito sullo stile, sul modo di scrivere, perché io ho fatto il chimico per quasi trenta anni e mi sono abituato ad una scrittura quale si usa nelle fabbriche, cioè ad una scrittura estremamente chiara e concisa; buona parte l’ho travasata nel mio scrivere, nel mio mestiere numero due, cioè nel mestiere di scrittore.
da Essere ebrei senza religione
Si è mai posto la domanda di come sarebbe stata la Sua vita senza Auschwitz?
E sì, certo! Non solo me la sono posta, ma me la pongono tutti! Io non so rispondere. Scusi, se io dicessi a Lei, «Se Lei non fosse nata in America, che cosa avrebbe fatto?» Lei non potrebbe rispondere. [...] Non lo so, ma posso fare qualche supposizione. Probabilmente non avrei scritto. O avrei scritto chissà cosa. Facevo il chimico, e con molta convinzione. Infatti, ho fatto il chimico per tutta la vita. […] Probabilmente non avrei scritto o avrei scritto delle cose completamente diverse, forse qualche trattato di chimica. Certamente possedevo la capacità di scrivere; questo non posso negarlo. Non sono nato da nulla. Avevo fatto degli studi classici abbastanza seri e lo strumento della scrittura lo possedevo. Ma non avrei avuto, come dire, la materia prima per diventare scrittore.
da Un'intervista con Primo Levi
[Già nel Lager pensava che, se fosse sopravvissuto, avrebbe scritto di quell’esperienza?]
[...] Sì, avevo una vaga idea di sopravvivere per scrivere, questo sì, mi ricordo di averlo detto a qualcuno. Addirittura, quando ero in laboratorio e avevo una matita e un quaderno ho scritto qualche pagina, che poi ho perso: l’ho scritta così, per l’urgenza di scrivere, sapendo benissimo che poi l’avrei persa. Ma era molto importante per me, allora, la possibilità di diventare un testimone: lo sentivo già allora, non solo io, ma un po’ tutti; con tutti quelli con cui si parlava si diceva: «È importante sopravvivere per poterlo raccontare perché il mondo sappia queste cose». [...]
da Dal fascismo ad Auschwitz c'è una linea diretta