La pergamena nel cassetto

di Maria Vittoria Barbarulo

Autore colto e poliedrico, Levi si è cimentato con vari generi letterari riuscendo a riconciliare i due mondi, umanistico e scientifico, allontanatisi dopo il Rinascimento e, scrivendo con trasparenza e chiarezza, onestà e spirito umoristico, ha lasciato con la sua considerevole produzione un messaggio attuale, intramontabile e universale, in parte anche grazie alla traduzione in molte lingue.

Tra il Levi chimico, il Levi testimone della Shoah e il Levi scrittore si verificano cambi di prospettiva che forse lui stesso avrebbe potuto paragonare ai salti quantici di un elettrone tra il suo stato fondamentale e i livelli superiori.
Osservando la formazione culturale del giovane Levi si possono individuare due assi culturali, uno sviluppatosi sulla sua grande passione per la lettura, l’altro sul suo interesse per le lingue e su questi assi, bibliofilia e poliglossia, si articolerà gran parte dell’opera leviana.

La pergamena nel cassetto si propone, si parva licet compònere magnis, di far conoscere, attraverso il racconto dei suoi anni universitari, il Levi chimico, il meno noto eppure così essenziale per il Levi testimone della Shoah e tanto generoso per il Levi scrittore.

L’idea di scrivere questo testo è nata da un bell’intervento del professor Rosario Nicoletti, docente universitario ordinario dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza e relatore della tesi di laurea in Chimica dell’autrice, in occasione de Il Tetraedro, una serata in onore di Primo Levi al Liceo Classico Montale di Roma. Il tutto ha cominciato a delinearsi il 25 agosto 2017, un giorno ricco di coincidenze, dalla richiesta di una lettera di presentazione per un bravo ex alunno interessato a candidarsi per una borsa di studio della comunità ebraica romana all’incontro con una simpatica famigliola da Tel Aviv nel corso di un’escursione in montagna. La rilettura critica dei primi appunti presi ha avuto luogo in un altro giorno di curiose coincidenze, il 22 novembre 2017, nel corso di un viaggio in treno a Torino per il convegno internazionale Cucire parole, cucire molecole - Primo Levi e il Sistema periodico: il quotidiano distribuito in omaggio ai viaggiatori conteneva un bell’articolo di Marco Belpoliti in cui era citato il chimico scrittore.

La Torino ebraica

La storia degli ebrei italiani è intrecciata da oltre due millenni con la storia italiana e le prime notizie di comunità ebraiche nell’attuale Piemonte risalgono al XV secolo.

La presenza ebraica in questa regione si amplia tra XV e XVI secolo e si tratta soprattutto di gruppi di origine sefardita: l’editto di Granada firmato nel 1492 dagli ultracattolici sovrani di Spagna costringe, infatti, gli ebrei a lasciare la penisola iberica.

Tra i tanti espulsi vi sono gli antenati di Primo Levi.

In Piemonte il clima sereno e collaborativo, effetto della temperie politica di casa Savoia che, seppur con alcune limitazioni, è tollerante e favorevole all’integrazione, determina una fioritura delle comunità, in cui vengono incluse anche successive ondate migratorie. Gli ebrei piemontesi svolgono mestieri differenti: vi sono mercanti, artigiani e operai, medici, banchieri e gioiellieri e tra le comunità, pur sparse in un ampio territorio, vi sono saldi legami reciproci.

Tra il XVII e il XVIII secolo appaiono i ghetti, conseguenza della bolla papale Cum nimis absurdum: il primo ghetto nella città di Torino è istituito nel 1679, ne seguiranno altri in una ventina di località. Nel XIX secolo il numero di ebrei piemontesi, che riveste ruoli di rilievo nella società e prende parte attiva all’evoluzione dello stato piemontese moderno, è significativo e in manifesta dissonanza con l’esistenza stessa del ghetto: l’avvio del processo di unificazione dello stato italiano ne rende perciò inevitabile l’abolizione con lo Statuto albertino nel 1848.

La famiglia di Primo Levi, originaria di Bene Vagienna (Cn), è ben inserita all’interno della comunità ebraica torinese, comunità colta in cui alla diffusa alfabetizzazione si aggiunge un notevole livello d’istruzione. L’attuale sinagoga di Torino, inaugurata nel 1884, si trova in una piccola piazza dedicata nel 1995 a Primo Levi.

Breve e minima nota biografica di Primo Levi

1919
Primo Levi nasce a Torino il 31 luglio, nella casa dove abiterà quasi sempre con involontarie interruzioni.

1932
E’ iscritto al Regio Ginnasio-Liceo D'Azeglio.

1937
Si iscrive al corso di Chimica presso la facoltà di Scienze dell'Università di Torino e nel luglio 1941 Levi si laurea con lode.

1941
E’ impegnato nelle prime esperienze lavorative.

1943-44
Viene arrestato (13 dicembre), trasferito a Fossoli e, successivamente, deportato ad Auschwitz (22 febbraio).

1945
Ritorna a Torino, dopo oltre otto mesi di spostamenti nella devastata Europa centro-orientale.

1946
Trova lavoro presso la fabbrica di vernici Duco-Montecatini, nei pressi di Torino. Sono gli anni in cui scrive Se questo è un uomo.

1952
Collabora alle Edizioni Scientifiche Einaudi con traduzioni, revisioni, letture di bozze e pareri editoriali.

1955-1974
Svolge l’attività di chimico intrecciata all’attività di scrittore, collaboratore del quotidiano torinese "La Stampa" e traduttore.

1975
Va in pensione e pubblica Il sistema periodico.

1976-1987
Si dedica ad un intenso lavoro letterario.


1987
Primo Levi muore nella sua casa di Torino il giorno 11 aprile.


Per la biografia completa di Primo Levi si rimanda ai volumi realizzati con appassionata scrupolosità da Carole Angier, Marco Belpoliti e Ian Thomson (vide infra), avendo riassunto, in questa sede, i soli elementi essenziali della vita del grande chimico scrittore e funzionali al presente testo.

Bibliofilia e poliglossia

Primo Levi è un ragazzo attento e curioso, e leggere, aggiornarsi, informarsi, possibilmente anche oltre i limiti definiti dal proprio indirizzo di studio o professione, sono le abitudini della sua famiglia: il papà, l’ingegner Cesare, era infatti un lettore appassionato, impegnato nella lettura di più libri contemporaneamente e nell’acquisto di altri, persino “un’intera cantina”. Negli anni del liceo, le letture del giovane Levi sono i libri di Huxley, Darwin e Bragg, e i suoi eroi sono gli scienziati Pasteur e Koch; tra i romanzi più amati vi è La montagna incantata di Thomas Mann, cui dedicherà spazio nel racconto Zinco.

Alla passione per la lettura si intreccia il grande interesse per le lingue, anch’esso “ereditato” dal papà poliglotta. Nei suoi testi Levi, grazie alla sua ampia conoscenza linguistica, tratta con frequenza l’origine delle parole nelle varie lingue, talvolta persino nei dialetti, con confronti ed esempi originali e indovinati.

L’attenzione al plurilinguismo è verosimilmente riconducibile a tre fattori, due dei quali legati all’identità ebraica: il carattere culturale della Diaspora, il rispetto per lo studio e l’esperienza nel campo di Auschwitz. Tra le tante lingue utilizzate da Levi nei suoi poliedrici scritti, si incontrano il latino, il greco, il francese, lo jiddisch, il tedesco e l’inglese, sia in frasi compiute (frequenti le citazioni dei classici latini), sia in espressioni idiomatiche, sia come singoli vocaboli.

Primo Levi al Regio Ginnasio-Liceo Massimo D’Azeglio

Nell’autunno del 1934, completato il Ginnasio, Primo Levi comincia il primo anno di corso al Liceo Classico Massimo D’Azeglio. La scuola, istituita nel 1882 e così denominata in onore del grande uomo politico risorgimentale, ha sempre costituito il nucleo di un’importante koinè culturale per la città di Torino. Le personalità di alto profilo passate per le sue aule tra i docenti o tra i discenti nel primo dopoguerra sono diverse: da Franco Antonicelli, il futuro editore della prima edizione di Se questo è un uomo, a Cesare Pavese, professore supplente, a Leone Ginzburg, a Norberto Bobbio, a Salvador Luria, premio Nobel per la Medicina nel 1969, a Giulio Einaudi, a Renzo Giua.
Negli anni di Levi, il Liceo è frequentato da Gianni Agnelli, Giorgio Lattes e Pier Luigi Olivetti, e nel secondo dopoguerra tra gli altri, da Umberto Agnelli e Piero Angela.

In base alle indicazioni della riforma Gentile (1923), il curricolo liceale classico prevedeva per l’insegnamento di Scienze naturali, Chimica e Geografia tre ore settimanali in I liceo, due in II e, nuovamente, tre in III; lo studio della Chimica era avviato nel corso del secondo anno, corrispondente per Primo Levi all’anno scolastico 1935/36.

Alle lezioni curricolari si aggiungono attività diverse, come la collaborazione alla redazione del giornalino d’Istituto Il D’Azeglio sotto spirito, in cui Levi si dimostra giovane scrittore attento e divertente.

L’interesse per il mondo scientifico, con l’idea di riuscire a capire quanto più possibile della complessità della natura, viene coltivato e ampliato nei pomeriggi con le esperienze di Chimica nella soffitta dell’appartamento di un suo compagno di scuola. Il “laboratorio” della Crocetta è ben rifornito di reagenti e materiali di consumo, effetto della simpatia reciproca nata con il titolare della vicina Farmacia di corso Re Umberto, il Dottor Parvis. Il giovane Levi si cimenta nella cristallizzazione di alcuni sali, tra cui rame solfato e potassio bicromato, e nell’osservazione al microscopio dei cristalli ottenuti.

La Commissione per l’esame di maturità nell’anno scolastico 1936/37 è presieduta dal professor Augusto Rostagni, insigne filologo classico, docente di Letteratura latina all’Università di Torino; Primo Levi completa l’esame nella sessione autunnale (ottobre), non avendo superato in quella estiva (luglio) la prova d’Italiano.

Il legame tra il Liceo e il chimico scrittore non si esaurisce con il conseguimento del diploma, perché iscriverà lì i suoi figli e sarà il presidente del primo Consiglio d’Istituto nell’anno scolastico 1974/75 e, soprattutto, la sua formazione classica gli offrirà un gran numero di spunti letterari affiancati e ibridati in modo sinergico da quella chimica acquisita e alimentata dal prosieguo universitario dei suoi studi.

Primo Levi alla Regia Università di Torino

La scelta del corso di laurea in Chimica pura comincia a prender forma nella mente del giovane Levi nel corso del secondo anno del triennio liceale classico, sia seguendo (e spesso completando) gli esperimenti illustrati dalla sua professoressa nel laboratorio del Liceo D’Azeglio, sia, come visto, effettuando personalmente piccole e semplici reazioni nel laboratorio della Crocetta.

In tempi più recenti, Primo Levi, conversando con il fisico Tullio Regge, racconterà anche delle “caute pressioni paterne” sul proseguimento degli studi in area scientifica.

L’immatricolazione, con il numero 808, al corso di laurea in Chimica pura alla Regia Università degli Studi di Torino ha luogo il 26 ottobre 1937 - XVI. Nel discorso inaugurale per l’anno accademico 1937-1938, il successivo 5 novembre, il Rettore, professor Azzo Azzi, apre con il saluto a «Eminenza, Eccellenze, Camerati!» e prosegue, dopo aver ricordato le ultime acquisizioni culturali e i nuovi istituti e laboratori aperti, con l’invito agli studenti a non disertare le lezioni «poiché nella formula “Libro e Moschetto” si compendiano non soltanto i principi etici della Rivoluzione Fascista, ma i comandamenti che informano, nella saggia distribuzione delle forze e delle energie, il quotidiano impiego della nostra attività dedicata alla Patria».

Il giovane Levi seguirà con attenzione e impegno le lezioni mattutine (incluse quelle dedicate allo studio della lingua tedesca), parteciperà con passione e divertimento ai laboratori pomeridiani, in cui perfezionerà la sua abilità nella lavorazione del vetro e acquisirà quella manualità che lo porterà ad affermare che il chimico pensi anche con le mani, sperimenterà la vita universitaria nei suoi aspetti culturali e sociali.

Nella tabella 1 sono elencati, anno per anno e con la denominazione originale dell’epoca, i corsi frequentati, come risulta dal “Registro di carriera dal numero 741 al numero 897” conservato nell’Archivio storico dell’Università di Torino. Sulla pagina in cui sono riportati i pagamenti delle tasse universitarie, nello spazio riservato alle Annotazioni diverse compare la scritta a matita blu Razza Ebraica, disposta dalle leggi razziali del 1938 (vide infra).

INSERIRE TABELLA

I corsi risultano tutti regolarmente corredati da attestati di diligenza, ad eccezione del corso di Cultura militare del II anno.

Primo Levi potrebbe aver frequentato qualche lezione di Fisica tenuta dal professor Eligio Perucca al Politecnico di Torino, nonostante si trattasse di un’altra istituzione accademica distinta dall’Università.

Un luogo importante per la formazione del giovane Levi è la Biblioteca del Regio Istituto di Chimica, spesso visitata nell’intervallo previsto per il pranzo, tra le lezioni della mattina e i laboratori del pomeriggio. Per lo studio e l’approfondimento Primo Levi consulta il “Gattermann” e l’”Autenrieth”, le tabelle del “Landolt”, il “Beilstein” con i suoi indici monumentali, e periodici, come gli Helvetica Chimica Acta.

La Biblioteca continuerà ad esercitare il suo fascino sul chimico scrittore anche una volta che si sarà laureato, come racconta lui stesso a proposito della ricerca di un farmaco ipoglicemizzante orale per cui consulta il “Kerrn” e della sintesi dell’allossana che ritrova sul Chemisches Zentralblatt.

Nel corso del II anno Levi affronta lo studio del Sistema Periodico di Mendeleev e si può ipotizzare che avesse a disposizione una tavola periodica degli elementi simile alla seguente.

INSERIRE TAVOLA ELEMENTI

È interessante osservare che l’idrogeno (H) sia posizionato nel gruppo VII b, i gas nobili costituiscano il gruppo VIII b, il radon (Rn) appaia con il simbolo Em dalla parola latina “emanium”, il masurio (Ma) si trovi al posto del tecnezio, siano assenti sia l’astato (At) sia il francio (Fr),  scoperti, rispettivamente,  nel 1940 e  nel 1939, e per l’attinio (Ac) e il protoattinio (Pa) non siano ancora stati determinati i pesi atomici.

Gli esami previsti dal corso di laurea in Chimica pura, all’epoca articolato in quattro anni, vengono affrontati in modo scrupoloso e i risultati brillanti sono una chiara dimostrazione dell’ottima preparazione del giovane Levi.

La media dei voti è 28,3 e tra di essi fa bella mostra il 30 e lode in Istituzioni di matematica (esame del primo anno di corso): con un curriculum così notevole vi sono tutti i presupposti per un eccellente coronamento del percorso di studi universitari.

La tabella 2 ricostruisce il libretto universitario  con i voti degli esami sostenuti  (denominazioni originali degli insegnamenti) e le relative date, in base al “Registro di carriera  dal numero 741 al numero 897”, conservato nell’Archivio storico dell’Università di Torino.

INSERIRE TABELLA 2

In base all’articolo 134 dello Statuto universitario l’esame di laurea comprendeva:

  1. lo svolgimento di due prove pratiche di chimica analitica qualitativa e di chimica analitica quantitativa,
  2. la presentazione e discussione di una dissertazione scritta su un argomento preferibilmente di indole sperimentale,
  3. l’esposizione orale e discussione di due argomenti scelti dal candidato.

Il giovane Levi prepara perciò le due sottotesi sperimentali e si dispone ad affrontare il lavoro della tesi di laurea.

I. Le due sottotesi

Premessa - Nel fascicolo personale di Primo Levi sono presenti due fogli protocollo a quadretti recanti i  titoli delle sottotesi e le firme dei relatori e non risulta alcuna altra documentazione relativa ai temi trattati.

1 - Comportamento dielettrico del sistema ternario benzene - clorobenzene - cloroformio

La dissertazione in Fisica sperimentale riguarda la misura della costante dielettrica di molecole organiche per verificare se rispettino o meno l’equazione di Onsager.

Lo studente è guidato nello svolgimento del lavoro di ricerca da Niccolò Dallaporta e il relatore della sottotesi è Alfredo Pochettino, all’epoca, rispettivamente, assistente all’Istituto Fisico e  docente di Fisica sperimentale.

Primo Levi ricorda le «povere vecchie misure di costanti dielettriche» nell’esame di Chimica in Se questo è un uomo e parte del lavoro svolto per la purificazione dei prodotti di cui esaminare il comportamento dielettrico nel racconto Potassio, descrivendo una distillazione di benzene al 95% che avrebbe dovuto essere condotta su sodio e che era invece stata effettuata su potassio in modo non troppo saggio e prudente.

L’episodio della distillazione del benzene e il messaggio pedagogico che ne scaturisce sull’uso consapevole e responsabile della curiosità scientifica sono ripresi da Roald Hoffmann, premio Nobel per la Chimica 1981.

2 -  I raggi elettronici

La dissertazione in Chimica fisica tratta dei raggi elettronici, termine con cui la comunità chimica del tempo si riferiva ai raggi X; il relatore è il professor Mario Milone, all’epoca libero docente di Chimica organica ed esperto conoscitore dei raggi X a seguito dell’esperienza acquisita in tecnica strutturistica, tra il 1934 e il 1935, nel Davy Faraday Laboratory di Londra, sotto la guida di Sir William Henry Bragg.

Tra le dotazioni degli Istituti di Chimica in quegli anni era previsto l’impianto di raggi X per lo studio della costituzione molecolare; si presume che Levi abbia trattato nella sottotesi la diffrazione di elettroni, utilizzando strumenti quali le equazioni di von Laue e la riflessione di Bragg.

L’interesse di Primo Levi per i raggi X era cominciato con la lettura della libro di Bragg (vide supra) e proseguito con la lettura del romanzo di Thomas Mann, La montagna incantata, tra il 1938 e il 1939.

Quarant’anni dopo aver svolto la sottotesi e dopo aver riflettuto nella sua tesi sui significativi dati ottenuti dai Bragg nella determinazione della configurazione delle molecole organiche, Levi ricorderà con riconoscenza Sir William Bragg nel quarto contributo della sua antologia personale La ricerca delle radici.

II. La tesi compilativa: motivazioni, struttura e tema

Lo scenario storico drammaticamente mutato nel corso del II anno dei suoi studi universitari non consente al giovane Levi di svolgere una tesi che preveda lo svolgimento di una parte sperimentale in laboratorio perché appartenente alla razza ebraica: per laurearsi sarà, perciò, necessario preparare una tesi compilativa.

Tra i professori che offrono la loro disponibilità per tale studio vi è il professor Giacomo Ponzio, già docente in diversi corsi seguiti da Primo Levi. Il tema scelto è l’inversione del segno del potere rotatorio, osservata in alcuni composti alogenati, dal chimico lettone Paul Walden e illustrata nell’articolo Weiteres über optisch active Halogen-verbindungen Ber. 1895, 28 (3),  2766-2773.

Walden, allievo di Wilhelm Ostwald e, all’epoca, al Politecnico di Riga, studiava le reazioni di sostituzione di gruppo ossidrilico con alogeni in composti contenenti un atomo di carbonio asimmetrico, ottenendo nuovi prodotti otticamente attivi, per i quali procedeva alla determinazione del potere rotatorio.

In particolare, nell’articolo citato, Walden riporta i risultati della reazione effettuata con PCl5 sui due acidi d- e l-isopropil-fenilglicolico, di cui aveva ricevuto una piccola quantità dal professor Fileti.

Durch die besondere Liebenswürdigkeit von Prof. Fileti bin ich nun in den Stand gesetzt worden, aus den mir gütigst überlassenen kleinen Proben der Alkaloïdsalze der d- und l-Isopropylphenylglycolsäure diese zu isolieren und mit Phosphorpentachlorid zu verarbeiten

Il derivato clorurato dell’acido d-isopropilfenilglicolico è privo di attività ottica; al contrario, partendo dall’acido l-isopropil-fenilglicolico e PCl5, scaldando la miscela di reazione ad una temperatura inferiore e per un intervallo di tempo più breve, si ottiene l’acido d-isopropilfenilcloroacetico.

Walden descrive e ripete gli esperimenti classici realizzati da Piria, Pasteur e Piutti sul comune acido aspartico e sull’asparagina con HNO2 per ottenere l’acido malico con gli stessi esiti e verifica, da un lato, che il comune acido malico (l-idrossisuccinico), reagendo con PCl5, da come prodotto l’acido d-clorosuccinico (con PBr5, l’acido d-bromosuccinico), dall’altro, che l’asparagina, reagendo con PBr5, dà come prodotto l’acido l-bromosuccinico.   La difformità del risultato motiva Walden ad allestire la serie di esperimenti descritti dal giovane Levi nella parte introduttiva della sua tesi.

Da nun das Asparagin (…) die gewöhnliche Aepfelsäure liefert, so erschien mir die Tatsache, dass aus demselben Asparagin – je nach der Arbeitsart – bald die eine, bald die andere optisch entgegengesetzte Modification entsthet, ganz unglaublich; in Folge dessen unternahm ich eine Revision bezw. eine Wiederholung der Versuche von Piria und Pasteur.

Walden esamina tutti i risultati ottenuti, concludendo che una sostanza otticamente attiva contenente un solo atomo di carbonio asimmetrico, trattata con reattivi diversi e otticamente inattivi, operando a temperature relativamente basse, possa dare in un caso un prodotto che mantenga il segno dell’attività ottica del composto di partenza, nell’altro un prodotto che presenti l’inversione del segno, come illustrato nello schema seguente.

INSERIRE SCHEMA

Il lavoro di Walden desta grande interesse non solo nella comunità chimica di fine Ottocento, ma anche nel primo dopoguerra: ancora negli anni ’40 il fenomeno era, infatti, descritto nei termini della hitherto mysterious Walden Inversion, continuando a rappresentare un’anomalia e grande mistero della stereochimica organica.

Il giovane Levi individua 33 articoli scritti da ricercatori e docenti di molte Università, in massima parte europee, distribuiti in 38 anni di letteratura specialistica, dal 1896 al 1934. La ricca bibliografia include anche gli atti del Quatrième Conseil Solvay de Chimie, svoltosi a Bruxelles nell’aprile 1931 e dedicato a Constitution et Configuration des Molécules Organiques. Gli articoli sono scritti in tedesco sui periodici "Annalen" e "Berichte", in inglese su "Journal of the Chemical Society" e "Physical Review", in francese nel volume della Conferenza Solvay e in italiano sulla "Gazzetta Chimica Italiana"; spesso corredati da un’ampia parte di dati sperimentali, essi sono privi di un sommario, ad eccezione dei quattro più recenti. Diversi articoli rappresentano prosecuzioni di ricerche già avviate dallo stesso gruppo, ad esempio le cinque parti del lavoro di Senter e Drew o le tre comunicazioni, in successione quasi annuale, di Freudenberg.

La comunità internazionale dei chimici appare collaborativa ed efficiente nello scambio di dati e materiali, nel solco della tradizione avviata dal Congresso di Karlsruhe (1860) e nonostante le difficoltà poste dalla Grande Guerra e dalle inquietudini e turbolenze che hanno caratterizzato gli anni precedenti il secondo conflitto mondiale.

Lo studio dei testi è realizzato con gran cura nella Biblioteca del Regio Istituto Chimico e articolato nella tesi in quattro parti per spiegare l’inversione di Walden e la sua rilevanza, illustrare le proprietà delle sostanze che presentano tale fenomeno, confrontare reazioni simili con esiti opposti, formulare delle ipotesi sul suo possibile meccanismo.

III. Passi tratti da alcuni dei lavori citati da Primo Levi

Nella prima parte della sua tesi, dopo aver circostanziato i motivi della scelta dell’articolo di Walden, il giovane Levi cita Emil Fischer, autore di un gran numero di lavori sulla sintesi di polipeptidi: il grande chimico tedesco, premio Nobel per la Chimica nel 1902, attribuisce al fenomeno osservato la definizione di INVERSIONE DI WALDEN.

Durch diese >Walden’sche Umkeherung<, wie ich den Prozess in Zukunft allgemein nennen will, ist es nun möglich, beide Bestandtheile einer racemischen Aminosäure für den Aufbau von Polypeptiden, die nur natürliche Aminosäuren enthalten sollen, zu verwerthen. Als Beispiele wähle ich die Synthese des l-Leucyl-l-leucins…

 Fischer, Synthese von Polypeptiden XV,  Ber. 39 - 2894 (1906).

Analizzando le ricerche che studiano i composti che subiscono l’inversione di Walden, Levi nota che, sebbene si tratti soprattutto di acidi carbossilici e derivati, talvolta essa possa verificarsi anche  con alcool e acidi β-sostituiti: nel caso dell’l-mandelato di etile, infatti, nella reazione con SOCl2 si ottiene il prodotto con la stessa configurazione, l-fenilcloroacetato di etile, ma è sufficiente l’aggiunta di piridina a SOCl2 per osservare la formazione  dell’antipodo ottico, d-fenilcloroacetato di etile. L’ipotesi più plausibile per tale risultato è che la base terziaria favorisca il prodotto con inversione attraverso la formazione di centro con carica positiva sul gruppo uscente, il cui successivo distacco determini a sua volta la formazione di un carbocatione cui lo ione cloruro si lega con facilità.

Levi osserva che, in alcune reazioni di idrolisi, ad esempio nel caso del lattone dell’acido d-malico, l’idrolisi acida procede con inversione, la basica porta al prodotto che mantiene il segno della rotazione ottica. Ciò appare coerente con quanto osservato da Joseph Kenyon al Politecnico di Londra per la  reazione di sostituzione di Br con un ossidrile nell’acido bromosuccinico: il formarsi o meno del prodotto con inversione sarebbe, infatti,  ragionevolmente riconducibile alla rottura di uno dei due legami (A o B) nel lattone ipotizzato come  intermedio.

The hydroxylation of bromo-succinic acid may occur by an ionised carbonyl group taking part in the reaction and producing a lactone with inversion…

INSERIRE SCHEMINO

which may decompose in two ways with inversion (A) or without   inversion (B).

Kenyon and Phillips, The Study of the Walden Inversion, Trans. Far. Soc. 26, 452 (1930)

A proposito della stessa reazione, Levi riprende alcune annotazioni di un altro importante protagonista del dibattito sull’inversione di Walden, Brør Holmberg dell’Università di Lund, che ne ritiene il decorso stereochimico dipendente anche della concentrazione del reagente utilizzato.

Es ist also sowohl bei Silberoxyd als bei Natron möglich, durch Variierung der relativen Mengen der Base aus derselben l-Brombernsteinsäure eine recht- oder eine linksdrehende Äpfelsäure darzustellen.

Holmberg,  Stereochemie des halogensubstituierten Bernsteinsäuren (I. Mitteilung), J. Prakt. Chem. 87, 456-478 (1913).

Nel valutare quali reazioni di sostituzione procedano con inversione e quali con il mantenimento del segno, Levi studia una cospicua serie di ricerche realizzate da Karl Freudenberg e collaboratori tra l’Istituto superiore di Chimica di Karlsruhe e l’Università di Heidelberg negli anni ’30, dedicate agli acidi lattico, malico, cloro- e bromopropionico, agli aminoacidi alanina e acido aspartico, in presenza di differenti reagenti.

INSERIRE IMMAGINE TABELLA

Es zeigt sich (vergl. Tabelle V), daß in beiden Gruppen (die Milchsäure-Gruppe und die Bernsteinsäure-Gruppe) die verschiedensten Reagenzien im gleichen Sinne, umlagernd oder nicht umlagernd, wirken.

Freundenberg und Luchs, Die Konfiguration der monosubstituierten Propion- und Bernsteinsaeuren (9. Mitt.), B. 61 - 1084 - (1928).

Rispetto alla tabella originale, nella sua tesi Levi aggiunge una riga in cui riporta la formazione degli acidi lattico e malico anche in presenza di NaOH  (effetto analogo a quello rilevato con KOH).

Dopo aver passato in rassegna altri casi di reazioni in cui l’inversione di Walden è utilizzata per attribuire le configurazioni degli atomi di carbonio asimmetrico in derivati alogenati degli acidi succinico e malico, nella parte conclusiva del suo studio, Levi riporta i plausibili meccanismi ipotizzati per spiegare tale fenomeno.

Alcuni scienziati ritengono che la reazione possa procedere attraverso un intermedio in cui siano presenti il gruppo uscente e l’entrante, altri, tra cui il danese Hans Nicolai Kellerman Rørdam e l’italiano Giovan Battista Bonino, suppongono che il distacco del gruppo uscente porti alla formazione di un radicale in grado di oscillare tra le due posizioni che daranno luogo ad un antipodo ottico o l’altro.

It is well known that an optically active ester and the corresponding free acid give different stereochemical forms of the reaction products with the same reagent. … the time of oscillation must necessarily be different… and if this difference is great enough, the two reactions can give rise to products of opposite sign.

Rørdam, The Walden Inversion. Part II,  J. Chem. Soc. London 1282 - (1928).

Bonino, all’epoca all’Istituto di Chimica generale della Regia Università di Bologna (vide infra pagina 42), riprendendo il celebre lavoro in cui Fermi descriveva l’oscillazione dell’atomo di azoto nella molecola dell’ammoniaca, formula l’ipotesi che un atomo di carbonio legato a un atomo di idrogeno e tre sostituenti X possa comportarsi nello stesso modo.

Nella molecola HCX3 si verifica un’oscillazione della massa HC … il passaggio di questa massa dalla posizione di equilibrio +xo a quella –xo determina l’inversione ottica della molecola.

… Questo meccanismo potrebbe spiegare alcuni casi dell’inversione di Walden, quelli in cui l’atomo di C asimmetrico porta legato un H.

Bonino, Su un possibile meccanismo della racemizzazione e dell’inversione di Walden, Gazz. Chim. It. 63 -  448 - (1933).

Infatti, osserva Levi, se i tre sostituenti sono differenti tra loro, le due forme oscillanti corrisponderanno a un antipodo o all’altro: conseguentemente, l’oscillazione completa porterà al prodotto con la stessa configurazione, la mezza oscillazione al prodotto con inversione. In conclusione, sarà il rapporto tra il periodo di oscillazione e il tempo necessario per il distacco del gruppo uscente e l’attacco del sostituente ciò che determinerà il meccanismo della reazione.

Il carbonio, nei suoi diversi stati di ossidazione e, dunque, non solo asimmetrico, diventerà anche il protagonista del racconto conclusivo de Il sistema periodico, e non resterà perciò  confinato nel cupo e tragico spazio di Auschwitz, ma ne uscirà rivelando  tutta la sua sorprendente vitalità e centralità.

Il 24 aprile 1941 Primo Levi consegna la sua domanda di laurea e si prepara per gli ultimi tre esami del corso, completati in un paio di settimane.

IV. La laurea

La sessione estiva di laurea si apre il 29 maggio 1941 - XX.

La Commissione è presieduta dal professor Alceste Arcangeli, zoologo e preside della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali, e formata dai professori

  1. Giacomo Ponzio, docente di Chimica
  2. Paolo Rowinski, docente di Fisiologia
  3. Mario Milone, libero docente di Chimica organica
  4. Massimo Fenoglio, docente di Mineralogia
  5. Luigi Mascarelli, docente di Chimica farm.ca e tossicol.ca
  6. Alfredo Pochettino, docente di Fisica sperimentale
  7. Carlo Cappelletti, docente di Botanica
  8. Renato Einaudi, docente di Meccanica razionale
  9. Luigi LosanA, docente di Chimica gen.le e applicata Ignazio
  10. De Paolini, docente ordinario di Chimica analitica

Primo Levi si laurea in Chimica, alla Regia Università di Torino,  il 12 giugno 1941, discutendo le due sottotesi sperimentali e la tesi su L’inversione di Walden, relatore professor Giacomo Ponzio (vide supra).

L’esito dell’esame di laurea è approvato con punti 100/100 e lode e nel verbale di Laurea accanto al suo nome appare la scritta  a matita blu “(R.E.)”, acronimo di razza ebraica in ossequio alle leggi razziali (vide supra).

Il diploma di laurea su pergamena è ritirato il 9 gennaio 1942.

Appendice - In un'altra lingua

I.      La traduzione del Gilman

Dal 1951 Primo Levi è impegnato, con entusiasmo e impareggiabile competenza della Chimica e della lingua inglese, nella traduzione e revisione della prima edizione italiana della seconda edizione testo Organic Chemistry - An Advanced Treatise di Henry Gilman pubblicato a New York da Wiley nel 1942.

Henry Gilman (1893-1986), all’epoca professore di Chimica organica all’Iowa State College, aveva pubblicato un grandissimo numero di articoli (183!) tra il 1930 e il 1939, divenendo in tal modo uno dei più noti e apprezzati chimici, in particolare nel settore dei composti organo-metallici, e aveva ideato e coordinato nel 1938 un’opera in due volumi Organic Chemistry - An Advanced Treatise (I volume, capitoli 1-13, pagine 1077; II vol., cap. 14-26, pagine 904). La trattazione investiva molti temi della Chimica organica, ognuno sviscerato da un autorevole chimico, e Gilman aveva svolto un grandioso lavoro nell’uniformare e integrare tutti i contributi e nell’individuare “cross references”, delineando un modello editoriale per successivi testi utilizzati sia nell’insegnamento universitario, sia nella pratica di laboratorio. La II edizione era stata ampliata con l’inserimento di altri capitoli e citazioni bibliografiche aggiornate fino al ’42 ed era stata completata con altri due volumi (III volume, capitoli 27-32, pagine 580; IV vol., cap. 33-38, pagine 634) nel ’53.

La traduzione italiana è pubblicata con il titolo Chimica organica superiore  e le 3536 pagine sono disposte in quattro volumi, con una piccola differenza rispetto all’originale sia nel numero di pagine, sia nella distribuzione dei capitoli. Il primo volume (cap. I-IX) è stato pubblicato dalle Edizioni scientifiche Einaudi ESE nel 1955 (fotografie frontespizio), il secondo volume (cap. X-XXII) da ESE nel 1956, il terzo volume (cap. XXIII-XXXI) da Boringhieri nel 1958 e il quarto  volume (cap. XXXIII-XXXVIII e indice analitico) da Boringhieri nel 1960.

Nel tradurre il capitolo 4 “Stereoisomerism” (Stereoisomeria), pagine 269-281, Levi ritrova l’inversione di Walden e, tra i riferimenti bibliografici, nove degli articoli a suo tempo esaminati per la stesura della propria tesi di laurea.

A titolo di esempio, nelle pagine seguenti si riporta la traduzione con testo a fronte di alcuni paragrafi dal capitolo 4 Stereoisomerism (Stereoisomeria), “Interconversion of Enanthiomorphs. The Walden Inversion”, pagine 269-270 (corrispondenti alle pagine 301-302 dell’edizione italiana), che illustrano come sia possibile prevedere la configurazione di sostanze otticamente attive. Il tema dell’inversione di Walden è trattato anche nei capitoli 19, 21 e  27.

Fatto singolare è che la prefazione all’opera tradotta sia stata scritta nel gennaio 1955 da Giovanni Battista Bonino:  Primo Levi, infatti, aveva avuto occasione di leggere i lavori del professor Bonino perché negli anni ‘30 egli aveva formulato un’interessante ipotesi sul meccanismo dell’inversione di Walden (vide supra).

(g) Mechanism. A third method for relating configuration with direction of rotation consists in obtaining some precise information concerning the mechanisms of reactions, particularly substitution reactions. During the past five years a considerable amount of fairly reliable information on certain of these points has been established.

Various mechanisms have been advanced to explain how an inversion of configuration can take place in some reactions but not in others.

1. According to the earlier investigators complex addition compound were produced. The position taken by a substituting group depended on the direction of the residual valences of the asymmetric carbon atom and the nature of the displaced group.

2. Rördam has assumed that, after one of the radicals has been removed from the asymmetric carbon atom, the position taken by the entering group depends on the phase of the oscillation of the three radicals remaining. The form which has the same configuration as the original is the one whose proportion increases as the concentration of the reagent increases.

3. The possibility that the replacement of a group involves a preliminary or incipient ionization process induced by the reagents or solvents has been considered by a number of workers. The phenomenon of the Walden inversion is very closely connected with the mechanisms of substitution reactions in general, and intensive investigations are now being carried out in order to establish the unimolecular, bimolecular, or polymolecular character of solvolytic reactions which involve replacement. Excellent reviews of this subject have been contributed by Watson and by Hammett.

4. An acceptable mechanism for the Walden inversion not only must show how the configuration of the asymmetric carbon atom is inverted but also must provide a reasonable explanation as to why racemization is not the exclusive process. One of the best solutions of this enigma is the suggestion of G. N. Lewis that a substitution reaction takes place by simultaneous addition of one group and removal of the other. This idea has been elaborated by Olson, who has made the suggestion, supported by experimental evidence, that a one-step substitution reaction leads to inversion of configuration.

Organic Chemistry - An Advanced Treatise, 2nd edition, volume I, pages 269-271

Meccanismo. Un terzo metodo per prevedere la configurazione in base al segno del potere rotatorio consiste nel rendersi conto con precisione del meccanismo delle reazioni, e particolarmente delle sostituzioni. Nel corso degli ultimi cinque anni si è accumulata una notevole mole di notizie, relativamente sicure, circa il problema del meccanismo di parecchie reazioni.

Vari meccanismi sono stati proposti per spiegare come si possa avere inversione di configurazione in alcune reazioni, e non in altre.

  1. Secondo i primi ricercatori, avrebbe luogo formazione di  complessi di addizione; la posizione che il gruppo sostituente assume dipenderebbe dalla direzione delle valenze residue dell’atomo di carbonio asimmetrico, e dalla natura del gruppo sostituito.
  2. Rördam formulò l’ipotesi che, dopo il distacco di uno  dei gruppi dall’atomo di carbonio asimmetrico, la posizione assunta dal gruppo sostituente dipenda dalla fase di oscillazione dei tre  gruppi residui; la forma che conserva la configurazione della molecola di partenza sarebbe quella la cui concentrazione aumenta al crescere della concentrazione del reattivo.
  3. Parecchi ricercatori hanno ammesso la possibilità che la sostituzione sia preceduta da un processo di (almeno incipiente) ionizzazione, provocata dai reattivi o dai solventi. Il fenomeno dell’inversione di Walden è strettamente connesso col meccanismo  delle reazioni di sostituzione in generale, e sono attualmente in corso attive ricerche intese a chiarire il carattere monomolecolare, bimolecolare o polimolecolare delle reazioni solvolitiche comportanti sostituzione. Eccellenti rassegne sull’argomento si trovano in Watson e in Hammett.
  4. Per essere plausibile, un meccanismo interpretativo del-l’inversione di Walden deve non solo chiarire come avviene l’inversione del centro di asimmetria, ma anche fornire una logica spiegazione del perché non avvenga esclusivamente una racemizzazione. Una delle migliori soluzioni del problema è la proposta di G. N. Lewis, secondo la quale le sostituzioni avverrebbero mediante simultanea addizione di un gruppo e distacco di un altro. L’idea fu sviluppata da Olson, che propose l’ipotesi, confortata dall’esperienza, che le sostituzioni in un solo tempo avvengano regolarmente con inversione di configurazione.

Chimica organica superiore, I edizione italiana, volume I, pagine 301-302

  1.   La traduzione del Gattermann

 In La ricerca delle radici, l’antologia personale con brani da testi letterari e non, Primo Levi include quei passi che ritiene abbiano significativamente influenzato il suo sviluppo culturale.

Il decimo dei trenta contributi scelti da Levi reca il titolo “Le parole del padre” e il riferimento è al chimico tedesco Ludwig Gattermann, autore del ben noto Die Praxis des organischen Chemikers, pubblicato per la prima volta in Germania nel 1894 e, successivamente, riedito fino al 1947. Levi studia sul Gattermann probabilmente nel corso del I anno di Università, potendo disporre all’epoca delle edizioni in tedesco, dal momento che la prima traduzione del libro in italiano per i tipi di Hoepli risale al 1941, a cura di Valerio Broglia.

Nel passo tradotto relativo alle indicazioni per la prevenzione degli infortuni in laboratorio, Gattermann, il chimico prudente, come lo  descrive Levi, si sofferma in particolare sulla pericolosità del sodio e del potassio elementari, protagonisti del racconto Potassio.

Il Gattermann è un libro importante per Levi: è presente, infatti, nel celebre passo dell’esame di Chimica in Se questo è un uomo, come se potesse in qualche modo rappresentare un invisibile filo teso attraverso e oltre il reticolato del campo, cui è affidata la sua speranza di tornare e riappropriarsi dell’esistenza.

Un’altra interessante citazione del Gattermann è costituita dalla preparazione del bromobenzene e del violetto di metile di cui Levi parla nel racconto Potassio: infatti, in  Die Praxis des organischen Chemikers entrambe le procedure sono minuziosamente descritte, con i disegni dell’apparecchiatura  nel primo caso e con le formule di struttura nel secondo e non desta perciò meraviglia che sia questo il testo di riferimento.

C. Organisch-präparativer Teil

Zur Verhütung von Unfällen

Wer unvorsichtig und gedankenlos zu Werke geht, kann beim präparativen Arbeiten leicht Schaden nehmen. Aber auch der Bedächtige ist nicht  gegen jede Gefahr gesichert. Die schweren Unfälle, die sich in chemischen Laboratorien leider immer und immer wieder ereignen, verlangen, daß sich ein jeder aus der Laboratoriumsgemeinschaft seiner Pflicht gegen seine Kommilitonen voll und ernst bewußt ist.

Der wichtigste Schutz gilt den Augen. Eine solide Schutzbrille mit starken Gläsern muß getragen werden bei allen Arbeiten unter Vakuum und Druck, also bei Ausführung einer Vakuumdestillation, beim erstmaligen Evakuieren eines neuen Exsiccators, beim Umgehen mit Einschmelzröhren, Druckflaschen, Autoklaven. Ferner bei Ausführung von Alkalischmelzen und von allen Operationen, bei denen Atzende oder feuergefährliche Stoffe verspritzt werden können. So vor allem beim Arbeiten mit metallischem Natrium und Kalium.

Das Arbeiten mit Natriummetall hat schon manchen schweren Unfall im Laboratorium verursacht. Man verfahre deshalb immer, wenn man Natrium zu handhaben hat, mit aller Sorgfalt, werfe keine Abfälle in de Ausgüsse oder Abfalleimer, lasse sie auch nicht offen liegen, sondern bringe sie sofort wieder in die Vorratsflasche oder vernichte sie mit der 15-20 fachen Menge Alkohol.

Man vermeide eine Reaktion mit metallischen Natrium oder Kalium auf dem siedenden Wasser- oder Dampfbad auszuführen, sondern bediene sich stets eines Sand- oder Ölbades, auch beim Abdistillieren getrockneten Äthers von Natriumdraht. Beim Arbeiten mit Natrium und Kalium sei man mit doppelter Peinlichkeit um die Volkommenheit der Apparatur besorgt und halte sich die Folgen von Auge, die ein undichter Kühlermantel oder der Bruch des Kolbens unter Umständen haben können.

 

Stets Schutzbrillen aufsetzen!

Man arbeite nie ohne Schutzbrille mit explosiven Substanzen und prüfe unbekannte Stoffe stets zuerst mit kleinen Mengen auf dem Metallspatel auf ihr Verhalten in der Flamme. Das Präparat selbst muß dabei vorher zur Seite gestellt werden.

Um das Auge auch gegen die Wirkung unvorherzusehender Explosionen, die sich nie mit aller Bestimmtheit ausschließen lassen, zu schützen, sollte jeder im Laboratorium Beschäftigte stets eine einfache Brille tragen, unbeschadet des Gebrauchs der Schuztbrille in den angegebenen Fällen.

Beim Arbeiten mit Äteher und andern flüchtigen, leicht entzündlich Flüssigkeiten ist stets darauf zu achten, daß keine Flamme in der Nähe brennt. Kommt es zu einem Brand, so ist zu allererst alles Entzündbare sofort zu entfernen. Man lösche dann mit feuchten Tüchern, durch Aufgießien von Tetrachlorkohlenstoff, nicht aber mit Wasser. Das beste Löschmittel ist eine kleine handliche CO2-Bombe, die in jedem Arbeitssaal vorhanden sein sollte; die sog. „Selbstretter“, wie sie beim Feldheer eingeführt waren, sind dazu vorzüglich geeignet. Bei größerer Ausdehnung des Brandes ersticke man das Feuer durch Aufschütten von Sand; eine große Kohlensäure ist auch hier meist vorzuziehen.

Bei Verletzungen mit Säuren oder kaustischen Alkalien wasche man zuerst gründlich mit Wasser, dann mit Bicarbonatlösung bzw. verdünnter Essigsäure. Bei leichten Verbrennungen bespüle man die verbrannte Stelle mit Alkohol und bedeckte sie dann mit Leinöl oder sog. Brandsalbe.

Verbandwatte, Binde, Pflaster müssen stets bereit sein. Bei schweren Unfällen ist sofort der nächstwohnende Arzt in Anspruch zu nehmen.

Wenn man eine ätzende oder in andrer Weise reizende organische Substanz auf die Haut gebracht hat, so ist das Waschen mit Wasser meist wirkungslos. Man entferne sie mit einem geeigneten Lösungsmittel, wie Alkohol oder Benzol, von dem man sofort eine reichliche Menge zum Abspülen verwendet. Man muß berücksichtigen, daß das organische Lösungsmittel an sich das Eindringen des schädlichen Stoffes in die Haut fördert, und muß deshalb die Bildung konzentrierter Lösungen auf ihr vermeiden.

Besondere Vorsicht ist beim Arbeiten mit nachstehenden viel benutzten Stoffen geboten: Blausäure, Phosgen, Dimethylsulfat, einfachen Säurechloriden, Chlor, Brom, Stickoxyd und Stickstoffdioxyd, Kohlenoxyd, Natrium und Kalium. Braucht man sie in größerem Maßstab, so sollten die Operationen damit in einem besonderem Raum ausgeführt werden; im übrigens stets unter einem gutem Abzug.

Unverdünnte Halogenverbindungen der Fettreihe, wie Äthylbromid, Chloroform, Bromoform und ähnliche , dürfen nicht mit metallischem Natrium oder Kalium in Berührung gebracht, z.B. getrocknet werden, da bei Stoß sehr heftige Explosionen erfolgen können (Staudinger).

Die Praxis des organischen Chemikers di Ludwig Gattermann 26.Auflage, Walter De Gruyter &Co, Berlin 1939,  Seiten 94-96

Per la prevenzione degli infortuni

E’ facile che chi si accinge al lavoro incautamente e spensieratamente ne riporti qualche danno, ma neanche il preparatore chimico diligente è al riparo da tutti i pericoli. I gravi incidenti che purtroppo si ripetono nei laboratori chimici richiedono che ogni membro della comunità del laboratorio sia pienamente e seriamente conscio dei suoi doveri nei riguardi dei suoi colleghi.

Il più importante organo da proteggere è l’occhio. In tutte le operazioni che si svolgono sotto vuoto o sotto pressione, ad esempio per la distillazione sotto vuoto, o quando si pratichi per la prima volta il vuoto in un essiccatore nuovo, o quando vengano manipolati tubi di vetro a fusione, bottiglie a pressione, autoclavi, si porti sempre un paio di robusti occhiali protettivi, muniti di vetri spessi. Lo stesso vale per le esecuzioni delle fusioni alcaline, e per tutte le operazioni in cui si possano verificare spruzzi di sostanze caustiche o facilmente incendiabili: primi tra tutte, il sodio e il potassio metallici.

La manipolazione del sodio metallico ha già provocato molti gravi infortuni di laboratorio. Perciò, quando tale manipolazione sia necessaria, si proceda con massima cura, non si gettino i ritagli di sodio negli scarichi né nei secchi delle immondizie e neppure li si lascino in giro: essi devono essere rimessi immediatamente nel recipiente da cui il metallo è stato prelevato, oppure distrutti immergendoli in una quantità 15-20 volte superiore di alcool etilico.

Si eviti di eseguire una reazione con sodio o potassio metallico sul bagno d’acqua o sul bagno di vapore; si ricorrerà sempre invece ad un bagno di sabbia o d’olio, anche per distillare etere che sia stato seccato su filo di sodio. Quando si lavora con sodio o potassio, si raddoppi la diligenza nel controllare che tutte le apparecchiature siano perfette; occorre aver sempre presente quanto potrebbe accadere se il mantello di un refrigerante cominciasse a perdere o se si spaccasse un recipiente.

Mettere sempre gli occhiali!

Non si devono mai maneggiare senza occhiali protettivi le sostanze esplosive; sostanze di cui non si conoscano le proprietà devono essere preventivamente provate esponendole alla fiamma in piccola quantità sulla spatola metallica. Durante questa prova il resto del preparato deve essere messo da parte. Comunque, per proteggere gli occhi dall’azione di esplosioni impreviste, che mai possono essere escluse con sicurezza, ogni persona che esplichi la propria attività di laboratorio dovrebbe portare sempre un paio di occhiali semplici; questo non esclude l’uso di occhiali protettivi nei casi sopra descritti.

Quando si lavora con etere o con altre sostanze liquide  e facilmente incendiabili, occorre badare sempre che non vi siano fiamme nelle vicinanze. Se si sviluppa  un incendio, la prima cosa da fare è allontanare subito tutti i materiali combustibili; spegnere poi il focolaio con panni umidi, o versandovi sopra tetracloruro di carbonio, ma non con acqua. Il miglior estintore è una bomboletta portatile di anidride carbonica, che dovrebbe essere presente in ogni locale di lavoro[1]. Se il fuoco si è esteso, vi si spanda sopra sabbia, oppure si impieghi una bombola grande di anidride carbonica.

Le lesioni da acidi o da alcali caustici si lavano prima con acqua abbondante, poi con una soluzione di bicarbonato o rispettivamente di acido acetico diluito. Le bruciature leggere si bagnano con alcool e poi si ricoprono con olio di lino o con le apposite pomate che si trovano in commercio.

Bende, ovatta e cerotti devono sempre essere prontamente reperibili. Per incidenti più gravi chiamare subito il medico più vicino.

Se è venuta a contatto con la pelle una sostanza caustica, o comunque irritante, per lo più il lavaggio con acqua non ha alcun effetto. Si elimini l’agente nocivo con un solvente adatto, per esempio alcool o benzene, usandone subito una quantità piuttosto abbondante; si deve infatti aver presente che il solvente organico, da parte sua favorisce la penetrazione dell’agente nella pelle, e che occorre quindi evitare che su questa si formino soluzioni concentrate.

Si raccomanda la massima attenzione quando si lavora con le seguenti sostanze, di impiego molto frequente: acido cianidrico; fosgene; dimetilsolfato; i cloruri degli acidi organici inferiori; cloro; bromo; ossido e biossido d’azoto; ossido di carbonio; sodio e potassio. Se esse vengono impiegate in quantità considerevoli, le operazioni relative devono essere condotte in un locale apposito; comunque sempre sotto buona aspirazione.

Se non fortemente diluiti, gli alogeno derivati della serie grassa, come il bromuro di etile, il cloroformio, il bromoformio e simili, non devono essere messi a contatto con sodio e potassio, ad esempio allo scopo di essiccarli: infatti, se il recipiente viene urtato, si possono verificare violente esplosioni (Staudinger).

[1] Queste bombolette sono utilissime, ma occorre tenerle avvolte con feltro o panno spesso, altrimenti quando esse vengono usate per spegnere un inizio d’incendio, l’espansione brusca del gas provoca un raffreddamento così intenso che è impossibile tenerle in mano. [Nota di Primo Levi]

10. Le parole del padre in La ricerca delle radici, ed. Einaudi 1981

Bibliografia generale

Ulteriori riferimenti bibliografici relativi al paragrafo II La tesi compilativa: motivazioni, struttura e tema

  • Enzo Borrello, 1997. Primo  Levi studente di Chimica, in "L’Ateneo – Notiziario dell’Università di Torino", XIII
  • Joseph F. Bunnet, 1996. Physical Organic Terminology, after Ingold, "Bull. Hist. Chem." 19
  • Franco Calascibetta, 2013. La Scuola di Stanislao Cannizzaro in "Rendiconti Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL – Memorie di Scienze Fisiche e Naturali"
  • Luigi Cerruti, 1999. ‘Chimica’ in "La facoltà di Scienze Matematiche Fisiche Naturali di Torino 1848-1998", Torino: Deputazione subalpina di storia patria, a cura di Clara Silvia Roero, vol. I, pagine 167-184 
  • Luigi Cerruti, 1999. Free electrons - Lo sviluppo della Chimica organica fisica , 1900-1940 in "Atti dell’VIII Convegno nazionale di Storia e Fondamenti della Chimica"
  • Aldo Gaudiano, 2008. Storia della Chimica e della Farmacia in Italia, ed. Aracne
  • http://www.accademiadellescienze.it/accademia/soci/soci-storici
  • http://db.archiviostorico.unibo.it/it-it/fondi/fondo-giovanni-battista-bonino/biografia.aspx?idC=61706&LN=it-IT
  • http://www.minerva.unito.it/Storia/ChimicaClassica/ChimiciItaliani/Chimici2.htm

 

Altre fonti di rilievo per notizie e dati su Primo Levi

  • Carole Angier, 2002. The Double Bond. Primo Levi A Biography, ed. Farrar, Straus and Giroux
  • Marco Belpoliti, 2015. Primo Levi di fronte  e di profilo, ed. Ugo Guanda
  • Alberto Cavaglion, 1988. Argon e la cultura ebraica piemontese: con l'abbozzo del racconto, in "Belfagor"  43(5), ed. Leo S. Olschki, pagine 541-556
  • Antonio Di Meo, 2011. Primo Levi e la Scienza come metafora, ed. Rubbettino
  • Antonio Di Meo, 2016. Primo Levi: la Chimica, la Letteratura e lo Stile, in La Cultura, anno LIV, n. 1, aprile  
  • Edoardo Garrone, 2008. Curiosità chimiche di Primo Levi in I luoghi di Levi, ed. Liceo D’Azeglio, Torino
  • Enrico Mattioda, 2011. Levi, ed. Salerno
  • Francesco Naso, 2015. Chimica, Stereochimica e Fantachimica negli scritti di Primo Levi, in  "La Chimica e l’Industria", anno XCVII, n. 4, luglio/agosto
  • Philip Roth, 1986. A Man Saved by His Skills, in "The New York Times Book Review", 10/12, pagina 41
  • Ian Thomson, 2003. Primo Levi,  ed. Vintage

 

Altre fonti di rilievo di carattere storico

  • Marina Caffiero, 2014. Storia degli ebrei nell’Italia moderna, Carocci editore
  • Indro Montanelli e Mario Cervi, 1980. L’Italia dell’Asse e L’Italia della disfatta, ed. Rizzoli
  • Laurence Rees, 2005. Auschwitz. The Nazis and the Final Solution, ed. BBC Books
  • Michele Sarfatti, 2005. La Shoah in Italia, ed. Einaudi
  • Michele Sarfatti, 2018. Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, ed. Einaudi
  • AA. VV., 2006. Auschwitz, ed. Museo Statale di Auschwitz-Birkenau
  • AA. VV., 2008. A 70 anni dalle leggi razziali, a cura di Liliana Di Ruscio, Rita Gravina e Sandra Terracina

 

Testi di Primo Levi citati in La pergamena nel cassetto

  • Primo Levi e Tullio Regge, 1984. Dialogo, ed. Einaudi
  • Primo Levi, 1994. Il sistema periodico, ed. Einaudi
  • Primo Levi, 2005. Se questo è un uomo, ed. Einaudi
  • Primo Levi, 2009. Vizio di forma e La Chiave a stella, in Opere volume 2, L’altrui mestiere, in Opere volume 3  e La ricerca delle radici, in Opere volume 4, a cura di  Marco Belpoliti, edizione speciale per il gruppo editoriale L’Espresso. 


1Charles Percy Snow, The Two Cultures, Cambridge University Press, 1959, p. 3.
2Domenico Scarpa in Gli sci di Primo Levi, l’omaggio di Rai Cultura allo scrittore nel trentennale della scomparsa,  in onda il 09/04/2017 alle ore 19:40 sul canale RAI5.
3In particolare, l’opera omnia di Primo Levi è stata tradotta in inglese e pubblicata nell’autunno  2015.
4Virgilio, Georgiche, IV 176
Login or register to leave a comment